/Riflessione su At 10,34-48

Riflessione su At 10,34-48

Il brano degli Atti degli Apostoli che abbiamo letto e sul quale ci soffermiamo per una breve riflessione è il testo biblico proposto dalla Traccia per l’itinerario assembleare 2023-2024  a cura della Presidenza nazionale dell’Azione Cattolica. E’ lo strumento che ogni associazione diocesana e parrocchiale è invitata a utilizzare nel cammino di preparazione all’assemblea.  Ora veniamo al testo biblico.

Siamo a Cesarea, sede abituale del governatore romano della Giudea, in casa del centurione Cornelio, un pagano descritto dagli Atti “uomo pio e timorato di Dio”.  Dopo l’apparizione di un angelo manda a chiamare a casa sua  l’apostolo Pietro che si trovava a Giaffa a predicare. Pietro in un primo momento prova una certa ritrosia ad andare a casa di un pagano perché come giudeo è ligio alle norme della Legge mosaica; poi, in seguito ad una visione narrata nello stesso cap. 10 (quella del lenzuolo che scende dal cielo, contenente ogni sorta di animali, anche quelli considerati impuri, e che è invitato a mangiare) Pietro  capisce che non deve avere riserve e paura  ad andare in casa del pagano  Cornelio. E’ il Signore stesso che lo chiama ad andare!

Ora in casa di Cornelio riconosce lui stesso: “Sto rendendomi contro che Dio non fa preferenze di persone..”. La salvezza, cioè,  non è riservata  esclusivamente agli Ebrei  in quanto appartenenti al popolo dell’Alleanza, ma è aperta a tutti, anche ai pagani, perché ciò che conta anzitutto nel rapporto con Dio non è l’appartenenza al popolo ebraico o l’osservanza della Legge mosaica, ma sono le disposizioni interiori, che sono identificate con il rispetto (“chi teme Dio”) e il  rispettoso compimento  della volontà divina (“praticare la giustizia”).

Dopo questo riconoscimento, che per Pietro comporta una vera “conversione”, l’apostolo riporta in sintesi il nucleo fondamentale della fede cristiana espressa nel kerygma apostolico e che troviamo  anche in altri passi degli Atti degli Apostoli (2,14-36; 4,8-12): quel Gesù di Nazareth che è passato facendo del bene dalla Galilea fino a Gerusalemme, è stato appeso alla croce, ma  Dio lo ha risuscitato dai morti  ed è “il giudice dei vivi e dei morti”.  E’  dunque la fede in Cristo che salva: “Chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome”.

Dopo le parole di Pietro, avviene  come una nuova Pentecoste: scende lo Spirito santo su Cornelio, i suoi familiari ancora non battezzati e sui giudei circoncisi che avevano accompagnato Pietro. Questo significa in modo evidente che il progetto di Dio per la salvezza dei pagani non passa più solo attraverso l’appartenenza al popolo eletto, all’osservanza della Legge mosaica e alla circoncisione, ma  attraverso la fede e il battesimo, col quale si entra a far parte della Chiesa, il nuovo popolo di Dio.

Ora chiediamoci: che cosa significa per noi oggi, per noi come Chiesa di Dio e per noi  come Azione Cattolica, questo brano degli Atti?

Considerazioni conclusive

  • Essere comunità di discepoli missionari sempre  bisognosi di conversione

 È chiaro che questo episodio degli Atti presenta il percorso di “conversione” di Pietro e della comunità giudeo-cristiana che egli rappresenta. Questa esigenza di conversione si presenta nel momento in cui egli affronta un contesto culturale e religioso diverso. In questa nuova situazione Pietro manifesta resistenze, fatiche e perplessità di fronte all’apertura inattesa che il disegno divino gli chiede. L’intervento dello Spirito si trova a dover vincere le resistenze, non tanto di coloro che appaiono come i “lontani” pagani, ma della Chiesa e del suo testimone più qualificato. La questione del superamento di pregiudizi culturali, di schemi teologici rigidi e di una prassi pastorale ripetitiva – come spesso ci richiama papa Francesco –  interpella sicuramente le nostre comunità cristiane e i discepoli missionari di oggi che si trovano a vivere in una situazione sociale profondamente mutata, in una condizione di multiculturalità e di fronte a una pluralità di esperienze religiose.

  – Che cosa chiede alle comunità cristiane la missione universale di Dio che si sta realizzando in questa nuova situazione storica?

– Quale mutamento del modo di pensare e quali percorsi formativi sono necessari per rendersi disponibili all’agire imprevedibile di Dio?

– Quali nuove proposte di carattere pastorale vanno pensate e poste in atto per rispondere efficacemente alle situazioni mutate?

  • Abbandonare  pregiudizi e stereotipi

 L’insistenza di Luca nel presentare la figura positiva, sul piano religioso-morale, del pagano Cornelio, che dall’ottica giudaica era visto come impuro ed empio, è un invito ad abbandonare facili stereotipi e a guardare dentro la vita delle persone, dentro le situazioni culturali diverse e dentro le differenti esperienze religiose, e chiedersi  se non ci siano valori, percorsi di ricerca religiosa che possono essere graditi a quel “Dio che non fa preferenze di persone” e che possono costituire un terreno favorevole all’annuncio del Vangelo.

  • L’importanza dell’incontro

 È significativo il fatto che il superamento delle barriere e delle resistenze avvenga da parte di Pietro nel momento in cui incontra Cornelio nella casa di quest’ultimo, in un ambiente quindi che gli è estraneo e che, secondo i suoi pregiudizi, gli era vietato. Questo incontro rischioso, che culmina in un dialogo e in un confronto amichevole, trasforma sia Pietro sia Cornelio ed è riconosciuto da Luca come un incontro guidato dallo Spirito. Lo Spirito, forse oggi più che in altri momenti storici, chiede il rischio di uscire dall’ambiente abituale e protetto per cercare l’incontro e il confronto in campo aperto con persone che hanno orizzonti diversi, con realtà culturali e religiose che pongono interrogativi prima non esplorati. L’atteggiamento richiesto è quello di chi accetta di mettersi in gioco, con la povertà e la ricchezza della propria umanità, con una propria identità cristiana, con una disponibilità autentica al dialogo, in uno stile di condivisione delle esperienze e in quella sincera ricerca della Verità che è in grado di cambiare ambedue gli interlocutori.

  • Dalla prassi rinnovata una nuova riflessione

L’esperienza dell’incontro ha permesso all’apostolo Pietro di approfondire e allargare la propria immagine di Dio e della sua iniziativa salvifica. È possibile che una prassi rinnovata dall’incontro con situazioni nuove, porti i credenti e le comunità cristiane a scoprire più in profondità il volto di Dio, a ricomprendere meglio che cosa è richiesto alla Chiesa per essere segno e strumento adeguato e fedele del Regno presente nel mondo di oggi e per gli uomini e le donne di oggi..

  • Rinnovare l’annuncio

Abbiamo visto come Pietro in casa di Cornelio sia stato chiamato a ripensare e riformulare l’annuncio di Gesù Cristo in funzione della situazione culturale e religiosa dei destinatari: quel Gesù che è stato inviato a Israele e che in mezzo a questo popolo ha vissuto una storia singolare, è divenuto con la resurrezione il Signore e il Salvatore di tutti.

 – In che modo e con quale linguaggio narrare quella storia unica che è capace di offrire senso e salvezza alle attese, alle esperienze degli uomini e donne del nostro tempo e alle diverse culture?

 – Come inculturare il messaggio cristiano, mostrandone la rilevanza anche per il mondo attuale e per la vita dei singoli nelle diverse situazioni esistenziali?

  • Una chiesa che accoglie le diversità

Fa riflettere l’ospitalità e la convivialità che concludono il percorso di Pietro, e dei suoi compagni giudeo-cristiani, con Cornelio e la sua famiglia, provenienti dal paganesimo.                             Si intravede una Chiesa che riconosce la pari dignità e vive la comunione tra persone e gruppi che provengono da culture e percorsi diversi. Fa pensare a comunità che sa accogliere la diversità e la fa diventare motivo di crescita, in un clima di reciproco riconoscimento, di dialogo, di comunione che vive di relazioni autentiche e solidali.

Come Pietro e gli apostoli dobbiamo lasciarci guidare dallo Spirito Santo prima ancora che dai nostri progetti e dai nostri programmi pastorali. Dio ha una fantasia molto più grande della nostra, ed è sempre imprevedibile nella sua azione.

Non dobbiamo avere paura di aprirci alle novità di Dio e alle persone che spesso pensiamo e giudichiamo lontane da Dio e dalla Chiesa. Forse proprio essi che ci aspettano a casa loro e non dobbiamo temere di andare.

La Pentecoste non è un evento passato da ricordare, ma è sempre attuale e si rinnova ogni volta che lasciamo spazio allo Spirito Santo e ci apriamo ai suoi orizzonti. Allora saremo una Chiesa, un’Azione Cattolica accogliente ed inclusiva, aperta a tutti senza differenze;  una Chiesa, un’Azione Cattolica missionaria che portando il Vangelo di Gesù Cristo, porta un’iniezione di speranza e di novità agli uomini di oggi spesso stanchi e delusi della vita.

Don Giordano Amati

Cesena, 30 ottobre 2023