Mani che si incontrano
“Chi ha toccato le mie vesti” (Mc 5,21-43)
Commento di don Giordano Amati, assistente generale diocesano
Introduzione
Nella ‘lectio’ il primo atteggiamento, il più importante, davanti alla Parola di Dio che viene proclamata sarebbe l’ascolto e il silenzio, in modo che essa possa penetrare nel profondo del nostro cuore.. Il commento che possiamo fare dopo la sua proclamazione dovrebbe essere solo un aiuto all’ascolto, e soprattutto un aiuto a che la Parola ascoltata entri nella nostra vita. Per questa ragione qualsiasi commento dev’essere breve, essenziale, perché diversamente le nostre parole rischiano di fare ombra alla stessa Parola di Dio.
Nella scelta dei testi biblici per la Scuola della Parola di quest’anno ci siamo ispirati alle parole e al logo del manifesto unitario dell’associazione per questo anno associativo: “Chi ha toccato le mie vesti?”, e abbiamo messo come titolo “Mani che s’incontrano”. Il verbo “toccare” richiama le mani: sono le mani di Gesù che ci benedicono, ci guariscono, ci incoraggiano, ci sostengono nella prova.. E sono le nostre mani che cercano Gesù, che lo implorano, che desiderano toccarlo per essere guariti nel corpo e nell’anima. Un incontro di mani, un incontro di persone.
- Il brano proposto per la prima ‘lectio’ di stasera è Mc 5, 21-43, che è come l’icona biblica di questo ’anno associativo. L’evangelista Marco, da fine e coinvolgente narratore qual è, incastona in un ’unico racconto due distinti miracoli: la guarigione della donna emorroissa mentre Gesù si sta recando alla casa di Giàiro, e il richiamo alla vita della figlioletta di Giàiro, che nel frattempo era morta.. Gesù è attento alle sofferenze delle persone che incontra, e quando vede la fede sincera di chi lo supplica chiedendo il miracolo Gesù non si rifiuta mai. E’ la fede coraggiosa e sincera di Giàiro che pur essendo il capo della sinagoga – e quindi un ebreo in vista – non si vergogna di andare da Gesù e di prostrarsi ai suoi piedi. E’ la fede della donna emorroissa che con coraggio si accosta a Gesù, e ben consapevole di essere impura per la Legge perché ha perdite di sangue, cerca ugualmente di toccare le vesti di Gesù. Le due azioni di Gesù riportate da Marco sono unite tra loro proprio dal verbo “toccare”: Gesù è toccato da una donna emorroissa e a sua volta tocca il cadavere di una bambina. Sono due azioni vietate dalla Legge, eppure nel brano di Mc sono messe in rilievo come azioni di liberazione e di carità. Questo “toccare” non è un’azione magica, bensì profondamente umana, umanissima.
- Toccare l’altro è un movimento di compassione, un gesto di riconoscimento e di vicinanza.
- Toccare l’altro è parlargli silenziosamente col proprio corpo.
- Toccare l’altro è dirgli: “Io sono qui per te, sono con te”.
- Toccare l’altro è dirgli: Ti voglio bene”.
Il contatto genera sempre una duplice trasformazione: non si può toccare senza essere toccati. Il tatto è, tra i sensi, il più compromettente: esprime prossimità, relazione, confidenza. E’ il più umano e insieme il più mistico dei sensi. Per l’antropologia biblica “toccare” è qualcosa che va oltre la percezione di un contatto fisico; attraverso il tatto la Scrittura parla di purificazione, guarigione, perdono, desiderio.. Il verbo aptomai (“toccare”) ricorre più volte nei Vangeli: 8 volte in Mt, 12 in Mc, 9 in Lc e solo 1 volta in Gv in forma imperativa negativa nell’incontro di Gesù risorto con Maria Maddalena. Nel quarto evangelista il verbo più usato per esprimere il rapporto di fede tra i discepoli e Gesù è orao, “vedere”. Si tratta di un “vedere” non solo e non tanto con gli occhi del corpo, ma della fede.
- Gesù quando tocca la bambina morta o si lascia toccare dalla donna emorroissa è consapevole di andare contro la Legge, ma agisce così non perché vuole intenzionalmente trasgredire la Legge mosaica. Lo ha detto chiaramente: egli non è venuto per abolire la Legge, ma per portarla a compimento, ossia per andare oltre la precettista giudaica e riportarla all’autentica volontà di Dio, che è l’amore. Il Verbo di Dio che si è fatto carne in Gesù Cristo, che si è caricato delle nostre umane fragilità e perfino del nostro peccato, non ha paura di stare a tavola con i peccatori e di lasciarsi toccare dalla peccatrice. Egli è il “Santo” di Dio e non può essere contaminato da alcunché. Con Gesù non esiste più il “sacro” e il “profano”, il “puro” e l’impuro legati ad un luogo o a dei precetti. In Cristo tutto l’umano, in quanto assunto da Lui che è il Santo, viene santificato e consacrato.
- Concludo la riflessione facendo qualche applicazione che può venire per la nostra vita dal testo biblico che abbiamo meditato.
- La fede autentica e sincera che porta all’incontro personale con Gesù, ci cambia e ci guarisce. La dynamis, la potenza che viene da Cristo, e che sana e salva, mi può guarire se come la donna emorroissa cerco di accostarmi a Gesù, di toccarlo personalmente. Non basta un rapporto fuggevole, superficiale perché si dia un incontro vero con Gesù.
- Sono diverse le occasioni e i modi di lasciarci toccare da Gesù: quando ci mettiamo in ascolto della sua Parola, quando lo riceviamo nell’Eucaristia come Pane di vita, quando lo accogliamo nei piccoli e nei poveri. Abbiamo il coraggio di lasciarci toccare da Gesù perché ci guarisca dentro?
- Per essere guariti e sanati dobbiamo riconoscere le nostre infermità, i nostri peccati. Non devo temere di farlo. Anche a me, come alla bambina morta, Gesù dice: Talità kum, “Alzati!”. E’ il verbo della risurrezione, della rinascita in Cristo alla vita nuova.
Ora continuiamo nel silenzio la meditazione personale. Do questo consiglio di metodo:
- rileggere più volte, adagio, il brano biblico…
- fermarsi su un versetto, una parola, un verbo che ci ha colpito particolarmente..
- poi nel momento della ‘risonanza’ dire a voce alta il versetto, la frase che ho meditato..
ACTIO: un proposito. Voglio fare quanto prima, nei prossimi giorni, l’esperienza della guarigione spirituale col sacramento della penitenza.