La Pasqua è il compimento della parabola del seme che deve morire per
portare frutto.
Credere alla parabola dolcissima ma tanto difficile di una resurrezione
raccontata come in un sogno di tanto tempo fa, significa accettare di
essere non più quelli che ascoltano, ma coloro che fanno proprie e rendono
visibili e credibili, con le loro vite, le parabole.
Credere non è un’assicurazione per un futuro certo: è un impegno di
cammini, relazioni, orizzonti difficilmente riconoscibili e accettabili dalle
tante folle che da sempre tendono a scegliere Barabba.
Viviamo, nell’oggi, lo stesso mistero seminato per tutte le strade della
Palestina da quel profeta instancabile: che credeva, vedeva e annunciava
futuro con parabole affidate, come i semi, alla incertezza della storia, della
terra, di discepoli, come noi, che lungo i secoli e le diversità delle culture
provano a tradurre le parabole in risposte di vita.
Buona festa, e celebrazione perenne, di Pasqua: a tutto il popolo di coloro
che credono in una pace più forte di tutte le guerre, credenti di tutte le fedi
e diversità, colori, lingue, appartenenze e territori . . .
Buona Pasqua