L’EUROPA CHE VERRA’
Riflettere sull’Europa di oggi e lanciare lo sguardo al futuro e su cosa può diventare. L’Europa non esiste come stato di natura, ma deve esistere come frutto della volontà di tutti i suoi cittadini. Il grande sogno potrebbe essere una Europa con una politica industriale e una difesa comune. Gli italiani, da sempre euroentusiasti, sembrano voler lasciare la bandiera blu perché vedono nell’Europa una certa rigidità, tant’è che anche il presidente della commissione Junker, in occasione per i venti anni dell’euro ha fatto il mea culpa “Si, c’è stata l’austerità, forse un po’ avventata, ma non certo perché volevamo colpire chi lavora o chi è disoccupato, ma perché ci sta a cuore la nostra comunità”. La percezione di un Europa insensibile e rigida, cattiva esiste; come quello che l’euro sia la radice di ogni male della nostra economia perché sembra che sia la moneta l’unica cosa che conta davvero. L’Europa delle banche e non più l’Europa dei popoli. Un euroscetticismo critico va bene, ma bisogna ritornare a credere e a riconoscere l’Europa migliore, quella che ci ha consentito settant’anni di libertà e benessere, quella che ci fa muovere senza vincoli e frontiere, quella che ha reso il continente più frammentato del pianeta una realtà compatta e coesa, tanto da poter contrastare altri giganti come gli USA, la Cina e la Russia. Un’Europa meno unita e meno forte non è nell’interesse dei popoli del Vecchio Continente, anzi li espone a dominazioni commerciali e li riporta dentro un bilateralismo dove valgono solo i rapporti di forza “uno contro uno”. Tutto questo già varrebbe a comprendere che l’unico sforzo degno di essere sostenuto è quello teso a rafforzare l’Europa per meglio proteggere i nostri interessi. Ma è pur vero che c’è qualcosa nell’Europa che è molto più grande: ed è l’incontro tra le persone, i popoli, le culture, le abitudini, i sistemi di pensiero, i modelli formativi, produttivi, scientifici. Per quanto sia allettante tornare a rifugiarci dentro i nostri confini, noi siamo già, intimamente, strutturalmente e soprattutto con le nuove generazioni, europei. Non riusciremmo a immaginare la nostra vita senza la possibilità concreta, domattina, di raggiungere Parigi, Madrid, Vienna o una qualsiasi capitale del nord o dell’est. E’ un idealità che si è già realizzata ma che è stata ricoperta dalla polvere dell’abitudine e da un certo benessere dato per scontato. Basterebbe una rispolverata e magari un nuovo inizio per considerare meno scontato ciò che sicuramente ha reso migliore la nostra vita. Una cosa interessante è che si stanno moltiplicando sulla rete i racconti di storie europee perché i giovani si sentono e si definiscono europei. Se si vuole dare futuro all’Europa bisogna in tutti i modi che siano i giovani protagonisti del dibattito e delle scelte politiche che si compiono oggi ma che ricadranno su di loro domani. Se il popolo di tre milioni di giovani europei che hanno vissuto l’esperienza Erasmus o gli studenti universitari non sono difficili da convincere in questa campagna, meno facile è raggiungere chi non passa per queste esperienze. Convincere a votare sarà un’impresa impegnativa, stando ai dati in calo della partecipazione alle elezioni europee delle ultime tornate. E’ in pieno svolgimento la campagna web in 24 lingue: un passaparola che, dal basso, sfruttando la prossimità del digitale, intende convincere più persone possibili ad andare alle urne a maggio. I prossimi mesi saranno cruciali per diffondere insieme all’hastag #stavoltavoto la voglia di andare alle urne, liberi di scegliere, purché si eserciti il diritto-dovere di dire la propria.
COSA FA L’EUROPA PER ME
I progetti realizzati dall’Ue nelle nostre città e per la nostra vita. Tutto in un sito internet «Avvicinare i cittadini alle istituzioni europee», spiegando «nella maniera più semplice possibile cosa fa l’Ue» per giovani, lavoratori, categorie sociali, imprese, territori, enti locali. È l’obiettivo principale del sito web interattivo e multilingue Cosa fa l’Europa per me (www.what-europe-does-for-me.eu), realizzato dal Servizio di ricerca del Parlamento europeo. Il sito contiene centinaia di brevi articoli che forniscono esempi dell’impatto positivo che l’Unione ha sulla vita quotidiana. Due le sezioni principali. La prima, Nella mia regione, «consente agli utenti e alle loro famiglie di selezionare il luogo in cui vivono o lavorano», spiega il servizio stampa del Parlamento Ue. «Come è presente l’Europa nelle nostre città e regioni? Tale sezione comprende oltre 1.400 località in ogni parte dell’Unione». La seconda sezione, Nella mia vita, permette a ogni utente di scegliere tra articoli che «toccano gli aspetti importanti per i cittadini europei. Ad esempio, in che modo l’Ue ha un impatto su famiglie, assistenza sanitaria, hobby, viaggi, sicurezza, scelte dei consumatori e diritti sociali?». Una terza sezione, Focus, riporta documenti informativi più esaustivi sulle politiche e le istituzioni dell’Ue.
STORIA E ISTITUZIONI
Il cammino dell’Unione e il deciso sostegno della Chiesa cattolica.
Il recente appello La nostra Europa
L’integrazione europea prende avvio nel secondo dopoguerra con l’obiettivo di avviare un processo di pace duraturo dopo la tragedia del conflitto mondiale. Nel 1951 nasce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio: è la prima comunità sovranazionale con reali poteri assegnati alla Ceca dai paesi fondatori, ossia Italia, Germania, Francia, Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi. Dopo il fallito tentativo di dar vita a una Comunità europea di difesa (1954), nel 1957 vengono firmati a Roma i trattati fondativi della Cee (Comunità economica europea) e dell’Euratom (Comunità europea per l’energia atomica). I primi – talvolta difficili – passi dell’Europa comunitaria vengono accompagnati dal deciso sostegno della Chiesa cattolica e vedono tra i protagonisti alcuni leader di fede cristiana, fra cui l’italiano Alcide De Gasperi, il francese Robert Schuman e il tedesco Konrad Adenauer. Nei decenni successivi la Cee (che dal Trattato di Maastricht del 1992 cambia nome in Unione europea), consoliderà le sue istituzioni (Parlamento, Commissione, Consiglio), allargherà i confini a nuovi Stati membri e accrescerà le competenze creando un mercato unico senza dogane e intervenendo in settori strategici per un accelerato sviluppo economico continentale: dogane, agricoltura, pesca, industria, infrastrutture. E, più avanti ancora, le competenze si estenderanno ad ambiente, formazione professionale, tutela dei consumatori, salute… Fino al varo della moneta unica, l’euro (in circolazione dal 2002), e alle nuove sfide di oggi: ripresa economica dopo la crisi del 2008; terrorismo e sicurezza; risposta ai flussi migratori (accoglienza e integrazione dei rifugiati); concorrenza dei nuovi attori mondiali come Cina e India. Gli obiettivi di fondo rimangono gli stessi: pace, democrazia, difesa delle libertà fondamentali e dei diritti umani. Ma nel frattempo l’Ue è arrivata a 28 Stati membri, fino al… 29 marzo 2019, quando il Regno Unito lascerà la “casa comune” (Brexit). Le elezioni dell’Europarlamento si inseriscono in questi quadro. Ancora di recente la voce dei papi e degli episcopati si è levata a sostegno dell’unità europea. A fine novembre 2018 diverse associazioni laicali, fra cui l’Azione cattolica italiana, si sono ritrovate a Roma per lanciare un forte segnale di “europeismo”. Durante l’incontro è stato diffuso il messaggio La nostra Europa, nel quale si legge: «Malgrado i suoi errori e le sue debolezze, l’Europa ha tanto da dare al mondo: il suo umanesimo, la sua forza ragionevole, la sua capacità di dialogo, le sue risorse, il suo modello sociale, il suo diritto, la sua cultura. Nelle sue diversità […] l’Europa realizza la civiltà del vivere insieme, quella civiltà che manca al mondo ed è la risposta sia alla globalizzazione omogeneizzante sia alle pericolose reazioni identitarie, estremiste o radicalizzate».